Nanotech e nuovi materiali per la diagnosi precoce e la terapia personalizzata
Nanotecnologie avanzate nello sviluppo di strumenti nanotecnologici per la terapia personalizzata e la diagnosi precoce.
La diagnosi precoce e la personalizzazione della terapia farmacologica rappresentano elementi cruciali per riuscire a sconfiggere il cancro. Da un lato, la possibilità di diagnosticare la malattia già allo stadio iniziale trova il suo fondamento scientifico nella presenza di particolari biomolecole presenti nel sangue, i cosiddetti “biomarcatori circolanti”, che aumentano quando insorge un tumore. Dall’altro, monitorare i farmaci, presenti nel sangue del paziente durante la terapia, permette di correggere il dosaggio al fine di aumentare l’efficacia del trattamento e diminuirne la tossicità.
Tutto questo richiede strumenti innovativi e le nanotecnologie possono essere di aiuto per utilizzare questi strumenti nella pratica clinica. Il progetto coordinato da Giuseppe Toffoli del Centro di riferimento oncologico di Aviano, non lontano da Pordenone, si focalizza proprio su queste due necessità. L’obiettivo finale è creare nuovi e innovativi strumenti per la personalizzazione della terapia antitumorale, mediante il monitoraggio del farmaco direttamente al letto del paziente, e per la diagnosi precoce di tumori molto diffusi come quelli di seno e prostata, ma anche di alcuni meno comuni come quello del pancreas e dell’ovaio.
Per arrivare a questo ambizioso traguardo gli oltre 80 ricercatori coinvolti nel programma puntano all’utilizzo delle nanotecnologie e di materiali innovativi, nonché sul lavoro di equipe che coinvolge diverse figure professionali non solo dell’ambiente medico, quali chimici, fisici, ingegneri elettronici e matematici, solo per citarne alcuni. Tutte queste professionalità sono fondamentali per progettare e gestire i nuovi strumenti diagnostici che verranno realizzati. Entrando più in dettaglio, è possibile dividere il programma in due parti: una relativa allo sviluppo di strumenti per seguire il destino dei farmaci anticancro nell’organismo del singolo paziente, l’altra dedicata allo sviluppo di strumenti per identificare biomarcatori che circolano nel sangue (CA19.9, CA125, HE4 e HER2). Tutto ciò senza dimenticare il paziente, protagonista assieme ai ricercatori dello sviluppo del programma, e coinvolto in studi clinici volti a valutare l’utilità, la semplicità d’uso e la sensibilità dei nuovi strumenti.
La terapia viene seguita nel tempo
Quando si somministra un farmaco non è detto che il principio attivo in esso contenuto raggiunga in tutti i pazienti che lo assumono concentrazioni identiche: il suo destino dipende infatti da molte variabili non sempre controllabili. È possibile però seguire nel tempo la terapia misurando a intervalli prestabiliti le concentrazioni del farmaco nel sangue. Nel loro programma, i ricercatori coordinati da Giuseppe Toffoli stanno lavorando per rendere più semplice questa operazione di controllo, grazie alla creazione di particolari dispositivi nei quali inserire una goccia di sangue prelevata in tempi diversi. Questi “chip” potrebbero essere letti con uno strumento chiamato spettrometro di massa, elaborato e impostato per poter analizzare in modo specifico i campioni da analizzare. I ricercatori hanno oggi a disposizione un prototipo per analizzare un farmaco con queste modalità, un passo avanti verso il monitoraggio sempre più attento della terapia, per seguire e controllare anche le cure croniche (incluse le chemioterapie), che devono essere assunte quotidianamente. La vera rivoluzione dei sistemi messi in campo da Toffoli e colleghi sta nel fatto che, invece di obbligare il paziente a recarsi in ospedale per il prelievo di sangue, la terapia potrà essere controllata direttamente a casa. E questo senza dimenticare che i nuovi supporti consentiranno una maggiore precisione e un’accuratezza nell’analisi.
Come osservare il farmaco in tempo reale
Sempre nell’ambito del monitoraggio delle terapie, i gruppi di ricerca coordinati da Toffoli stanno sviluppando anche dispositivi in grado di fornire informazioni in tempo reale sulle concentrazioni del farmaco, per esempio già durante l’infusione endovenosa o prima della somministrazione orale di farmaci oncologici. La possibilità di conoscere in tempo reale la concentrazione di un farmaco permetterà di modificare il suo dosaggio per una terapia sempre più personalizzata, al fine di aumentarne l’efficacia e ridurne gli effetti tossici.
Uno dei farmaci scelti per sviluppare questi metodi di analisi è irinotecan, utilizzato nella terapia dei tumori del colon. Una volta entrato nell’organismo, il farmaco si modifica dando origine ad altre molecole (metaboliti) che possono essere identificate in modo specifico. Grazie all’utilizzo di nanotecnologie e nanomateriali, i ricercatori sono riusciti a creare un sistema capace di riconoscere sia il farmaco nella sua forma originale sia il metabolita, riuscendo anche a modificare lo strumento di analisi in modo da renderlo compatibile con la lettura in tempo reale del campione. Anche imatinib, farmaco utilizzato per diversi tipi di tumore, è entrato nel mirino dei ricercatori poiché per questa terapia, che deve essere assunta quotidianamente anche per anni, è raccomandato il monitoraggio.
Materiali e tecnologie all’avanguardia
Come funzionano questi sistemi di monitoraggio dei farmaci? In estrema sintesi, l’idea è di partire progettando al computer molecole che riescano a riconoscere il farmaco nelle sue diverse conformazioni metaboliche, come composto originale o nelle trasformazioni che subisce nel tempo dopo la somministrazione. A parole potrebbe sembrare semplice, ma nella pratica la situazione è molto complessa ed è stata risolta grazie al lavoro di unità operative formate da fisici che hanno disegnato dei peptidi (frammenti di proteine), in grado di riconoscere il farmaco nelle varie conformazioni e, soprattutto, in grado di agire in un ambiente particolare – definito denaturante – che serve per liberare il farmaco dalle proteine alle quali si lega normalmente nel plasma. Una volta progettati, questi peptidi sono stati sintetizzati e montati su nanoparticelle o su microsensori elettrochimici capaci di determinare la concentrazione del farmaco.
Alla caccia dei biomarcatori circolanti
I biomarcatori circolanti sono molecole presenti nel sangue e rappresentano un’indicazione di ciò che succede a livello del tumore. E così, per esempio, la presenza di livelli elevati di un determinato marcatore tumorale è un campanello di allarme che spinge in genere il medico a prescrivere ulteriori accertamenti. I ricercatori coordinati da Giuseppe Toffoli sono andati un po’ oltre e si sono posti il problema di creare un metodo per misurare i biomarcatori circolanti, che fosse più sensibile del metodo tradizionale. E ancora una volta il punto di forza del programma è rappresentato dalle nanotecnologie e dai nanomateriali. Gli approcci utilizzati sono diversi, ma quello che a oggi ha dato i risultati migliori si basa su un sistema elettrochimico capace di riconoscere in modo molto specifico, e anche con elevata sensibilità, la molecola CA19.9, un biomarcatore del tumore del pancreas e di altri tumori addominali, oltre ad altre molecole già utilizzate oggi in clinica come biomarcatori (HE4, CA125 e Her2neu). Dal punto di vista pratico questo sistema permette di ottenere una risposta in tempo reale e molto precisa sulla concentrazione del biomarcatore, per esempio nel momento stesso in cui si identifica grazie all’ecografia una cisti al pancreas. Ottenere immediatamente l’informazione porta a diagnosi più accurate e a scelte terapeutiche più mirate e personalizzate.
L’unione e le differenze fanno la forza
L’idea innovativa che ha reso il programma tanto speciale e ha permesso il raggiungimento di importanti traguardi è stata la creazione di un gruppo multidisciplinare, che ha riunito scienziati che di solito non collaborano in modo così stretto. Tutto ciò è stato apprezzato anche a livello europeo e ha permesso alle unità coinvolte di ottenere riconoscimenti e collaborazioni internazionali. Lavorando insieme quotidianamente, i diversi esperti, con competenze apparentemente distanti tra di loro, sono riusciti a superare ostacoli biologici e fisici insormontabili se affrontati da un unico punto di vista, e sono anche riusciti a modulare gli obiettivi e lo scopo del lavoro.
Il programma inoltre ha rappresentato un’occasione unica per conoscere meglio i nanomateriali e le nanotecnologie, generando nuove idee per il loro utilizzo non solo a scopo diagnostico, ma anche a scopo terapeutico. I ricercatori pensano per esempio a “farmaci a tre stadi” nei quali si sfruttano una componente ottenuta dall’organismo del paziente (vescicole prodotte dalle cellule), nanostrutture (che assorbono il farmaco in maniera molto forte, sono biodegradabili e hanno una forte attività immunogenica, cioè possono innescare una risposta immunitaria) e infine il farmaco stesso che viene usato nella patologia.