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In corso
Programma di studio delle metastasi

Un viaggio molecolare per conoscere a fondo le metastasi del tumore del colon-retto

“Le caratteristiche genetiche e molecolari del tumore del colon-retto non sono certo un mistero per i ricercatori. Se la diagnosi avviene quando la malattia è ancora localizzata, la possibilità di sopravvivenza è piuttosto elevata, grazie alla chirurgia, ma anche ai grandi passi in avanti fatti dalle terapie mirate” spiega Alberto Bardelli dell’Istituto fondazione di oncologia molecolare (IFOM) di Milano. Bardelli coordina un gruppo multidisciplinare di esperti in uno dei programmi speciali 5 per mille sostenuti da AIRC, il cui obiettivo comune è cercare di comprendere come si sviluppano e diffondono le metastasi e trovare modi per contrastarle. “L’idea è di affrontare un vero e proprio viaggio che parta dalla diagnosi della malattia e arrivi fino all’eventuale sviluppo delle metastasi” spiega il genetista, convinto che lo studio di questo percorso porterà risultati importanti anche grazie ai pazienti, compagni di viaggio davvero speciali. “Nel corso degli anni la nostra esperienza ci ha permesso di capire che il coinvolgimento dei pazienti è un aspetto essenziale anche nel processo di ricerca e non solo in quello di cura. Chi è malato vuole capire cosa sta succedendo e in genere è molto disponibile a partecipare in modo attivo agli studi che potranno portare a soluzioni concrete.”

Gli obiettivi

Scopo ultimo del programma coordinato da Alberto Bardelli è rispondere a diverse domande sulla progressione del cancro al colon-retto, tramite lo studio non solo del tumore di per sé, ma anche del microambiente circostante, del sistema immunitario e del microbioma dei pazienti. Il primo obiettivo dei ricercatori è comprendere meglio i meccanismi evolutivi a cui vanno incontro le cellule tumorali e del sistema immunitario, come i linfociti, spontaneamente o per effetto delle terapie, utilizzando una nuova disciplina, l’immuno-genomica. Inoltre i ricercatori si propongono di identificare nuovi marcatori biologici del tumore, del microambiente e del paziente. Singolarmente o integrandosi tra loro, questi marcatori dovrebbero permettere di valutare con maggiore precisione il rischio di ricaduta e la probabilità di risposta alle terapie di ciascun paziente, rendendo la prognosi più affidabile e le cure più efficaci.

Come si possono raggiungere questi traguardi? Creando un circolo virtuoso tra clinica e ricerca: le scoperte fatte nei laboratori devono il prima possibile essere trasferite ai pazienti, che devono essere coinvolti negli studi di diagnostica molecolare avanzata e di trattamento con nuovi farmaci o nuove strategie terapeutiche. E in laboratorio devono tornare i campioni biologici e i dati clinici dei pazienti stessi raccolti dai clinici.

Alla base di questa strategia c’è la stretta collaborazione tra un gruppo interdisciplinare di medici ed esperti di discipline diverse, ma complementari: dalla fisica all’ingegneria matematica fino alla farmacogenomica. Tutto questo non sarebbe possibile senza l’uso di nuove tecnologie, come per esempio la biopsia liquida, che rileva nel sangue la presenza di un tumore anche quando le metastasi non sono visibili agli esami radiologici, e senza il contributo della bioinformatica e dell’intelligenza artificiale, che permettono livelli di analisi e di integrazione di dati complessi impensabili fino a ieri.

Il percorso

  1. Un patrimonio unico al mondo. Uno dei punti di forza del programma coordinato da Bardelli è senza dubbio l’ampia collezione di campioni a disposizione. Come spiega il ricercatore, si tratta di materiale (soprattutto campioni di tessuto e di sangue) raccolto nel corso degli anni da migliaia di pazienti con tumore del colon-retto in diversi stadi di progressione. Una parte di questi campioni viene trasformata in avatar dei pazienti. Un avatar si ottiene facendo crescere frammenti del tumore, prelevato durante la chirurgia o le biopsie diagnostiche in condizioni particolari, fino a ottenere una copia vitale del tumore del paziente in colture 3D o in un modello murino. L’avatar può essere riprodotto più volte e quindi può essere studiato in dettaglio da ricercatori diversi. Gli avatar sono usati per capire come il tumore evolve in presenza o assenza di un trattamento, e inoltre per studiare la sensibilità e la resistenza ai farmaci. In alcuni casi è addirittura possibile condurre dei veri e propri studi clinici per selezionare i regimi terapeutici più promettenti, prima di trattare i pazienti.
  2. Alla ricerca dei biomarcatori. Due degli otto blocchi in cui è suddiviso il programma prevedono la ricerca di nuovi biomarcatori e classificatori della malattia. Grazie all’identificazione di queste molecole o caratteristiche peculiari del tumore e del suo microambiente, sarà possibile distinguere il livello di aggressività della neoplasia e classificare i tumori sulla base della loro risposta a specifiche combinazioni di farmaci. In questo modo si potranno sviluppare nuove terapie sia sperimentali sia standard da somministrare in maniera diversa da quanto fatto finora, soltanto ai pazienti per cui dovrebbero essere più efficaci.
  3. Le basi della risposta alla terapia. Non sempre le terapie che si utilizzano contro un tumore si rivelano efficaci. In questi casi i pazienti non solo non traggono beneficio dai trattamenti ma ne subiscono anche gli effetti collaterali. I ricercatori guidati da Bardelli prevedono quindi di ricercare i fattori che determinano la risposta alle chemioterapie tradizionali nella malattia metastatica, e di scoprire nuove opportunità di trattamento, servendosi anche di farmaci già in uso per altre patologie.
  4. Uno sguardo all’evoluzione. Come il tumore evolve e cambia nel tempo e nello spazio, anche il sistema immunitario si modifica durante la progressione tumorale. Con tecniche che analizzano aspetti genomici, funzionali e immunologici, i ricercatori vogliono caratterizzare in dettaglio proprio questa evoluzione sia nei tessuti dei pazienti, sia in cellule in coltura e animali di laboratorio sviluppati appositamente.
  5. Una finestra sul microbiota. Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che il microbiota, ovvero l’insieme dei microrganismi che albergano nel corpo umano, abbia un ruolo nella risposta alle terapie antitumorali e nell’evoluzione della malattia. I risultati degli studi in tal senso non sono però ancora del tutto affidabili, per mancanza di sistemi di studio adeguati. Paragonando la composizione del microbiota del tumore primario con quella dell’avatar corrispondente, i ricercatori coordinati da Bardelli cercheranno di simulare in laboratorio le interazioni tra cancro del colon e microbiota.
  6. I risultati arrivano in clinica. Una delle caratteristiche dei programmi speciali 5 per mille di AIRC è di accelerare il trasferimento delle scoperte biologiche in nuove procedure diagnostiche e terapeutiche. Non fa eccezione il programma coordinato da Bardelli, che, nonostante la pandemia, in cinque anni ha varato tre studi clinici terapeutici, due per la malattia avanzata e uno per la malattia operabile. Finora più di 1300 pazienti sono stati reclutati nel protocollo AlfaOmega, la piattaforma clinica che controlla e gestisce il flusso dei campioni biologici e dei dati dei pazienti tra ospedali e laboratori e viceversa.

Perché è importante

Guardando ai dati oggi disponibili, è chiaro perché si debba studiare in modo approfondito come l’evoluzione del tumore del colon-retto possa portare alla formazione di metastasi e come sia possibile contrastare questo processo. Il cancro del colon-retto in Italia colpisce circa 48.000 nuove persone all’anno ed è il secondo tipo di tumore più frequente nella popolazione. Inoltre, anche se la sopravvivenza dei pazienti a 5 anni dalla diagnosi supera il 90 per cento circa in caso di diagnosi precoce e malattia localizzata, la percentuale si riduce fino all’11 per cento quando ci sono metastasi. I risultati ottenuti nel corso del programma permetteranno di elaborare strategie per una nuova piattaforma di medicina di precisione basata sulle caratteristiche molecolari e biologiche della malattia, per tenere sotto controllo la patologia e suggerire il trattamento più adatto a ciascun paziente. In particolare i ricercatori potrebbero essere in grado di distinguere chi, dopo la chirurgia, ha più probabilità di sviluppare metastasi e va trattato con maggiore intensità, anticipando le terapie più efficaci contro la malattia metastatica, da chi invece è a basso rischio di recidiva e ha per questo bisogno di trattamenti minimi o addirittura di un semplice follow-up.

A che punto siamo

Aprile 2024. Il programma coordinato da Alberto Bardelli continua a crescere e dare risultati nelle sue linee di ricerca traslazionale e clinica sviluppate intorno a diversi aspetti dei tumori del colon-retto, da quelli immunologici a quelli legati alla riparazione del DNA, dalla resistenza alle terapie al microbiota e alla sua relazione con i tumori all’intestino. “Le conoscenze sui tumori del colon-retto e sulle tecnologie a disposizione della ricerca sono in continua evoluzione e anche il programma evolve, raccogliendo diversi frutti e sviluppando nuove idee” spiega Silvia Marsoni, che ha già coordinato diversi studi clinici.

  • Gli studi AlfaOmega e AlfaOmega-retrò, le piattaforme traslazionali partite fin dall’inizio del programma, vedono coinvolti 9 laboratori e 16 centri clinici in Italia e in Spagna. Grazie all’impegno dei centri clinici, negli studi sono stati arruolati a oggi più di 2.000 pazienti, tra cui anche una sottopopolazione di pazienti giovani adulti, di età inferiore ai 40 anni. Le piattaforme, che contengono sia i campioni sia i risultati degli studi, rappresentano la colonna portante del programma e sostengono le molteplici linee di ricerca dei laboratori traslazionali del gruppo.
  • Lo studio CHRONOS è il primo studio interventistico in cui si è utilizzata la biopsia liquida per guidare il cosiddetto “rechallenge” della terapia a bersaglio molecolare nella malattia metastatica. In parole semplici, ciò significa dare nuovamente un trattamento a un paziente, il cui tumore era diventato resistente, poiché a volte la sensibilità può essere recuperata. Iniziato a cavallo di un precedente programma AIRC “5 per mille”, lo studio CHRONOS è oggi terminato e i risultati sono stati presentati all’ASCO 2021, il congresso più importante al mondo per gli oncologi clinici. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Medicine, una delle riviste scientifiche più prestigiose in ambito medico.
  • Lo studio ARETHUSA è uno studio interventistico di oncologia di precisione. L’obiettivo è usare farmaci in grado di trasformare tumori metastatici immunologicamente “freddi”, che cioè non sono rilevati dal sistema immunitario dei pazienti, in tumori immunologicamente “caldi”, cioè riconoscibili da parte del sistema immunitario e di conseguenza sensibili all’immunoterapia. Si tratta di uno studio molto complesso e ambizioso, che è iniziato nel 2019 e ha già concluso l’arruolamento dei pazienti. I primi risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Cancer Discovery e hanno aperto la strada a ulteriori approfondimenti più recentemente pubblicati sulla rivista Cancer Cell.
  • Lo studio ALFEO è uno studio interventistico di oncologia di precisione e che coinvolge pazienti con tumori al colon. L’obiettivo è usare la vitamina C in combinazione con l’immunoterapia, prima dell’intervento chirurgico, in modo da potenziare l’effetto anti-cancro del trattamento. Iniziato a maggio 2023, lo studio è attualmente in corso.
  • Lo studio PEGASUS è il primo studio interventistico in Europa che ha utilizzato la biopsia liquida per guidare la terapia post-chirurgica nei pazienti affetti da tumore al colon localizzato. Tra luglio 2020 e luglio 2022, nel pieno della pandemia dell’infezione Covid-19, nello studio PEGASUS sono stati reclutati e inclusi 135 pazienti curati in 11 centri oncologici tra Italia e Spagna. I primi risultati dello studio sono stati presentati nel 2023 al congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO). In circa un terzo dei pazienti con cancro del colon di stadio III e II ad alto rischio, dopo la rimozione chirurgica del tumore primario, permane una malattia micrometastatica radiologicamente invisibile ma diagnosticabile con la biopsia liquida. I risultati ottenuti nello studio PEGASUS suggeriscono anche che nei pazienti con biopsia liquida negativa dopo l’intervento è possibile optare per una terapia meno intensa, riducendo la tossicità senza compromettere l’efficacia. Questi risultati hanno posto le basi per un nuovo studio clinico su più ampia scala: SAGITTARIUS, per cui i ricercatori sono riusciti a ottenere un finanziamento Horizon Europe dall’UE (Grant Agreement numero 101104657). Nello studio si utilizzerà la biopsia liquida per stabilire la terapia post-chirurgica mirata su base molecolare.

Per gestire e analizzare i numerosi dati a disposizione, di tipo molecolare, genetico, trascrizionale e clinico, i ricercatori utilizzano anche sistemi di intelligenza artificiale. “Potremmo definirla medicina computazionale nel tumore del colon-retto” afferma Bardelli, ricordando peraltro la parte del programma che si occupa di radiopatogenomica, ovvero l’integrazione della genomica con la diagnostica per immagini. Questi studi si basano sia sulle informazioni genetiche dei tumori sia su immagini radiologiche e altre derivate dalla digitalizzazione dei vetrini di tessuti analizzati al microscopio, i cosiddetti vetrini di anatomia patologica. I radiologi e i patologi dei diversi istituti inclusi nel programma hanno creato un gruppo che, grazie all’intelligenza artificiale, è in grado di creare delle “firme” molecolari e “radiopatomiche” con le quali si potrebbe essere in grado di aiutare a predire meglio la risposta individuale alle terapie. Nello studio OCEANUS, attualmente in corso, si sta per esempio validando una firma che dovrebbe predire la risposta alla chemioterapia standard nei pazienti con malattia metastatica al primo trattamento.

Come suggerisce il coordinatore del programma, gli aspetti principali che emergono da questo studio sono proprio la forte componente clinica e la grande possibilità di scegliere le terapie in modo più preciso e mirato, anche in corso di trattamento. L’importanza di questi aspetti è sottolineata dal sempre maggiore rilievo che rivestono le interazioni con i pazienti. Il merito va anche attribuito al coinvolgimento dei giovani ricercatori, parte fondamentale del gruppo di lavoro.

Un lavoro di squadra

Il gruppo coordinato da Bardelli è un consorzio di 12 group leader che collaborano quotidianamente per raggiungere due obiettivi: migliorare la prognosi del tumore al colon-retto e trovare cure più efficaci da trasferire nella pratica clinica. I group leader fanno capo a cinque istituti: l’Istituto fondazione di oncologia molecolare (IFOM) di Milano, con Alberto Bardelli, Fabrizio d’Adda di Fagagna e Silvia Marsoni; la Fondazione del Piemonte per l’oncologia (FPO) – I.R.C.C.S. presso l’Istituto di Candiolo in provincia di Torino, con Andrea Bertotti, Federica Di Nicolantonio, Caterina Marchiò, Enzo Medico, Daniele Regge e Livio Trusolino; il Niguarda Cancer Center e l’Università degli studi di Milano, con Salvatore Siena, Andrea Sartore-Bianchi; la Fondazione istituto nazionale di genetica molecolare di Milano, con Sergio Abrignani; e l’Humanitas Clinical and Research Hospital sempre di Milano, con Maria Rescigno.

Una parte del consorzio si dedica agli aspetti di ricerca di base. Alberto Bardelli, Andrea Bertotti, Sergio Abrignani e Fabrizio d’Adda di Fagagna studiano da diverse prospettive e con approcci innovativi l’evoluzione spazio-temporale del tumore e delle metastasi. Maria Rescigno analizza la relazione tra tumore e microbioma. Enzo Medico e Federica Di Nicolantonio ricercano nuovi biomarcatori e classificatori prognostici, mentre Livio Trusolino indaga i meccanismi di sensibilità e resistenza ai regimi chemioterapici che possono essere il bersaglio per nuove opportunità terapeutiche.

Silvia Marsoni funge in un certo senso da ponte tra laboratorio e clinica, trasla le potenzialità delle scoperte ottenute in laboratorio progettando tutti i protocolli sperimentali e coordinando, con il protocollo AlfaOmega, il flusso dei campioni raccolti nel programma, per le analisi delle diverse unità.

Infine, una parte del programma coinvolge più direttamente i pazienti. Salvatore Siena è il clinico di riferimento del gruppo e coordina, coadiuvato da Andrea Sartore-Bianchi, un network di centri clinici di eccellenza che contribuiscono arruolando i pazienti nei protocolli messi a punto nell’ambito del programma stesso. Daniele Regge sviluppa metodi di intelligenza artificiale per il supporto alla diagnosi radiologica e forma, con Caterina Marchiò ed Emanuela Bonoldi, l’asse della cosiddetta radio-patomica, tecnologia che in futuro dovrebbe migliorare il potere predittivo della risposta alle terapie.

Alberto Bardelli

Responsabile

Alberto Bardelli è professore ordinario al Dipartimento di oncologia dell’Università di Torino e direttore scientifico di IFOM, dove svolge la propria attività di ricerca. Il suo lavoro è incentrato sullo sviluppo della medicina di precisione per i pazienti oncologici.

Durante la formazione post-dottorato (1999-2004) presso la Johns Hopkins University (USA), nel gruppo diretto da Bert Vogelstein, Bardelli ha sviluppato il primo profilo completo delle mutazioni delle proteine chinasi nel cancro del colon-retto. Coordina dal 2007 un gruppo di ricerca multidisciplinare composto da genetisti, ingegneri matematici, biologi molecolari, fisici, oncologi medici, patologi e bioinformatici. Il gruppo ha identificato i meccanismi di risposta e resistenza alle terapie anti EGFR, HER2, BRAF e NTRK1 nei tumori del colon-retto.

Dal 2018 al 2020 Bardelli è stato presidente dell’European Association for Cancer Research (EACR). Dal 2014 è stato inserito da Web of Science nell’elenco dei ricercatori più citati al mondo. Nel 2016 ha vinto il Grant for Oncology Innovation e nel 2021 l’ERC Advanced Grant. Nel 2017 è stato insignito dell’ESMO Translational Research Award e nel 2020 del premio Guido Venosta, assegnato da FIRC e conferito dalla Presidenza della Repubblica italiana per le ricerche volte allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici alle neoplasie. È autore di più di 250 articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali. Il suo H index, una misura delle citazioni ricevute dai suoi articoli, è pari a 105 e lo pone nella lista dei Top Italian Scientists.

Bando 2018

Nome Bando

Programma per lo studio delle metastasi

Responsabile

Alberto Bardelli

Istituto ospitante

IFOM

Importo annuo in corso

€ 3.011.000

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