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Concluso
PROGRAMMA DI STUDIO DELLE METASTASI

Tumori con sede primitiva sconosciuta: un mistero ancora irrisolto

Potrebbero essere definiti “la quintessenza della malattia metastatica”. Sono i tumori con sede primitiva sconosciuta (CUP, cancer of unknown primary) e sono i protagonisti del programma speciale “5 per mille” sostenuto da AIRC ed elaborato dai ricercatori guidati da Paolo Comoglio. Lo studio, avviato con il gruppo capofila presso l’Istituto della Fondazione del Piemonte per l’oncologia (FPO), a Candiolo, è ora implementato dall’Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) a Milano. “Questi tumori sono particolari poiché vengono diagnosticati quando sono già diffusi in organi diversi, in forma metastatica, senza che si riesca a identificare un tumore dal quale tali metastasi sono partite” spiega il ricercatore, che paragona i CUP a una galassia in espansione: “In un certo senso la diffusione di questo cancro richiama lo schema con cui le galassie si espandono partendo da un punto oscuro dell’universo”. I ricercatori pensano che, nel caso dei CUP, non esista un vero e proprio tumore primario, almeno nell’accezione comune dell’espressione. Secondo Comoglio, in questi casi è vano cercare una massa tumorale in uno specifico organo, ma si dovrebbe pensare a una malattia sistemica. Questa prende forse il via da un piccolo nucleo di cellule staminali, difficilmente localizzabili, capaci però di generare cellule che si diffondono velocemente in organi anche lontani. “Studiare queste metastasi è una sfida non semplice, ma grazie ad AIRC abbiamo potuto dare il via a un progetto davvero ambizioso” conclude Comoglio.

Gli obiettivi

Comprendere a fondo i CUP, e i meccanismi che portano alla loro diffusione metastatica, significa chiarire i processi molecolari e biologici che governano la disseminazione delle cellule tumorali nell’organismo e la loro capacità di “trovare una nuova casa” in organi diversi, anche distanti. Le proprietà biologiche dei CUP potrebbero rappresentare la chiave di volta per comprendere le metastasi anche di altri tipi di cancro. Per svelare i segreti della diffusione delle cellule tumorali dei CUP, i ricercatori coordinati da Paolo Comoglio stanno lavorando con un approccio multidisciplinare che include anche una parte di ricerca traslazionale, ovvero mirata a far arrivare al paziente le scoperte ottenute in laboratorio. Tre sono gli obiettivi principali della ricerca a tutto campo sui CUP: a) studiare a fondo le caratteristiche genetiche e genomiche delle cellule metastatiche di questi tumori per scoprire tratti specifici o comuni alle altre metastasi; b) comprendere i meccanismi molecolari alla base della capacità di invadere i tessuti, largamente dovuta al mantenimento delle proprietà delle cellule staminali indifferenziate; c) identificare potenziali nuovi bersagli terapeutici per cure di maggiore precisione.

Il percorso

  1. Una solida base. Chi ben comincia è a metà dell’opera, dice il proverbio. E per partire con il piede giusto anche nel programma di studio dei CUP, i ricercatori guidati da Comoglio hanno creato una collaborazione con ospedali che – grazie a protocolli clinici approvati (Trial Agnostos) – identificano i casi di CUP da includere nel programma attraverso rigorosi percorsi diagnostici. I ricercatori hanno previsto di individuare all’incirca 300 pazienti con queste caratteristiche nel corso del progetto. Da questi casi si partirà per creare biobanche di tessuti, e per generare i cosiddetti xenograft, ovvero animali di laboratorio nei quali è stato impiantato una parte del tumore del singolo paziente. Inoltre dai campioni dei pazienti i ricercatori intendono sviluppare linee cellulari e colture cellulari arricchite in cellule staminali (anche dette “agnosfere”).
  2. La parola alle “omiche”. Una volta costruite le fondamenta, il progetto proseguirà chiamando in causa le cosiddette “omiche” – genomica, epigenomica e trascrittomica –, ovvero approcci innovativi che permettono di caratterizzare il materiale genetico dei CUP nel suo insieme e di studiarne l’espressione.
  3. Candidati sotto esame. I geni e le molecole identificati verranno sottoposti all’analisi sperimentale per metterli in relazione con le proprietà biologiche dei CUP, in cellule in coltura e successivamente in animali di laboratorio, anche tramite xeno-trapianti, per una prima validazione pre-clinica dei risultati ottenuti in cellule isolate.
  4. Un occhio alla circolazione. La circolazione sanguigna rappresenta una delle vie lungo la quale si muovono le cellule metastatiche. I ricercatori isoleranno le cellule CUP circolanti per derivare le cellule staminali (agnosfere) e analizzarne le proprietà. Anche il DNA tumorale presente nel sangue potrà fornire preziose informazioni tramite la biopsia liquida.
  5. Dal basso verso l’alto. Gli anglosassoni lo chiamano approccio bottom-up, dal basso verso l’alto. In termini pratici ciò può significare partire da un dettaglio per poi arrivare a conclusioni più generali. In questo caso il dettaglio è rappresentato da un oncogene, MET, che alcuni dei ricercatori coinvolti nel progetto hanno studiato a lungo. Anche la famiglia delle semaforine-plexine, indagata nel passato, sembra avere un ruolo importante nei processi di diffusione metastatica e nella regolazione delle caratteristiche delle staminali tumorali.
  6. In clinica. Ultimo passo del progetto – il più importante – è il disegno di studi clinici che si fondino sui dati emersi dalle precedenti fasi del percorso per arrivare fino al paziente.

Perché è importante

I CUP non sono così rari come si potrebbe pensare: a livello mondiale rappresentano infatti circa il 2-3 per cento di tutti i tumori, ovvero centinaia di migliaia di nuove diagnosi ogni anno. Come ricorda Paolo Comoglio, attualmente non ci sono terapie efficaci contro i CUP, che risultano particolarmente difficili da trattare anche perché si presentano già in fase metastatica. Il programma 5×1000 è quindi il punto di partenza verso l’identificazione di nuovi potenziali bersagli terapeutici e lo sviluppo di trattamenti efficaci. Il lavoro dei ricercatori coinvolti nel progetto potrà inoltre portare a una conoscenza più approfondita dei CUP, svelandone i tratti distintivi e migliorando così anche le procedure di diagnosi, superando il concetto di organo o tessuto di origine del tumore. Infine, data la natura iper-metastatica dei CUP, i risultati ottenuti nel programma potranno essere utili a comprendere e trattare anche le metastasi convenzionali.

A che punto siamo

Aprile 2021. “La prima difficoltà quando si lavora con questi tumori è capire cosa è, e cosa non è, un CUP” esordisce Paolo Comoglio, spiegando che i patologi coinvolti nel programma da lui coordinato sono riusciti a identificare meglio le caratteristiche istopatologiche (dalla forma alla dimensione, fino alla sede in cui si posizionano) che distinguono i CUP dai non CUP e permettono di eliminare le ambiguità. I “falsi CUP” sono stati definiti come early metastatic cancers, ovvero i casi in cui il tumore primario si manifesta tardivamente e produce delle metastasi prima che i medici riescano a individuarlo. Nei veri CUP, il tumore primario non viene mai scoperto. “Non è tutto bianco o nero, ma mettendo insieme tutte le sfumature diagnostiche, riusciamo a identificare i CUP veri” dice Comoglio, ricordando che il criterio principe resta comunque l’assenza del tumore primario.

Un ulteriore (critico) passo avanti nella conoscenza dei CUP è stata l’identificazione e l’isolamento delle cellule staminali. All’interno delle metastasi ci sono infatti cellule staminali che ora i ricercatori stanno cercando di caratterizzare con precisione.

“La scoperta del tutto inattesa è che le staminali derivate dai CUP iniettate in topi nudi (senza sistema immunitario) generano metastasi multiple, riproducendo un quadro clinico di CUP” spiega Comoglio. Le cellule staminali derivate da altri tumori diversi dai CUP, invece, producono un nuovo tumore nell’animale, ma non metastasi. Questo fenomeno suggerisce che i CUP siano una malattia a sé stante, con caratteristiche biologiche proprie, diverse da quelle degli altri tumori.

A sostegno di questa ipotesi, i ricercatori hanno anche scoperto che i CUP evolvono seguendo un modello lineare, molto differente da quello delle metastasi degli altri tumori. Come precisa Comoglio, in genere il modello di evoluzione delle metastasi assomiglia a un albero dai tanti rami, ciascuno dei quali diverge dal ramo vicino, avendo ogni metastasi un diverso assetto di mutazioni. Invece nei CUP si assiste a una peculiare evoluzione lineare: come un tronco da cui si staccano piccole foglioline, ciascuna delle quali accumula mutazioni in modo incrementale.

Non mancano infine gli sforzi per identificare potenziali bersagli molecolari per nuovi trattamenti. In un modello preclinico, in effetti, il trattamento con un inibitore dell’oncogene MEK (trametinib) ha avuto successo e ora si pensa a portare questa scoperta ai pazienti attraverso uno studio clinico. L’analisi dei casi studiati ha messo in luce che molte delle mutazioni osservate nei CUP sono presenti in geni coinvolti nella cosiddetta axon guidance, il processo biologico che guida la migrazione degli assoni delle cellule nervose. Mutazioni si accumulano anche in geni controllati dall’oncogene MET, notoriamente coinvolti nell’invasività e metastasi. “MET è da tempo al centro delle nostre ricerche. Nel nostro progetto valutiamo la possibilità che le alterazioni osservate in questi geni possano diventare bersagli terapeutici” conclude Comoglio.

Un lavoro di squadra

I CUP sono tumori relativamente rari ma, soprattutto, difficili da diagnosticare.

Per raccogliere un numero di casi statisticamente significativo è stato necessario organizzare una rete nazionale che comprende importanti centri di ricerca clinica a Milano, Torino, Pavia, Roma, oltre a un numero considerevole di centri ospedalieri più piccoli, sparsi su tutto il territorio da Nord a Sud.

La raccolta dei campioni è di per sé un’operazione piuttosto laboriosa. Affinché sia effettuata in modo omogeneo nei diversi centri coinvolti, richiede che venga messo a punto e osservato un protocollo piuttosto complesso, necessario anche ad assicurare diagnosi che rispettino criteri comuni e condivisi.

La stretta aderenza a questo protocollo necessita di risorse finanziarie ‒ assicurate dal programma AIRC “5 per mille” ‒ ma anche di una dedizione da parte degli operatori coinvolti che supera di gran lunga i loro doveri istituzionali.

Paolo Comoglio

Responsabile

Paolo Comoglio, laureato in medicina all’Università di Torino nel 1969, svolge il suo periodo di formazione post-laurea (PostDoc) negli Stati Uniti, prima studiando immunologia alla Washington University di St. Louis e successivamente lavorando nel campo della biologia molecolare del cancro alla University of Pennsylvania di Philadelphia. Al rientro in Italia diviene titolare della Cattedra di istologia della Facoltà di medicina dell’Università di Trieste e viene successivamente chiamato dalla Facoltà di medicina dell’Università di Torino in qualità di professore di ruolo ordinario della stessa disciplina. Nel 1996 diviene direttore della Divisione di oncologia molecolare e dal 2000 al 2017 ha ricoperto la carica di direttore scientifico dell’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo (Torino). Dal 2020 dirige il laboratorio per lo studio della crescita invasiva dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare (Milano). Le tappe più qualificanti delle sue ricerche hanno inizio con lo sviluppo di nuove tecnologie per lo studio degli oncogeni. Grazie a queste scopre, alla fine degli anni Ottanta, i recettori per i fattori di “scattering” codificati da una famiglia di oncogeni (MET e RON) responsabili del controllo della crescita invasiva di molte cellule neoplastiche. In questa cornice, il suo gruppo di ricerca chiarisce i meccanismi genetici che controllano l’invasività e la metastasi in risposta all’ipossia (mancanza di ossigeno) e mettono in relazione il cancro con i disordini della coagulazione. È responsabile di un progetto di ricerca settennale AIRC sul cancro a primitività sconosciuta (CUP). Negli anni recenti, Paolo Comoglio ha esteso i suoi interessi scientifici all’oncologia molecolare clinica, una nuova disciplina volta a tradurre i risultati della ricerca in procedure diagnostiche e terapeutiche. È autore di più di 381 pubblicazioni scientifiche, rilevanti nel campo della biologia molecolare del cancro e della ricerca traslazionale e clinica, che hanno ricevuto più di 49.800 citazioni internazionali.

Bando 2019

Nome Bando

Programma per lo studio delle metastasi

Responsabile

Paolo Comoglio

Istituto ospitante

IFOM - Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare

Importo stanziato

€ 6.932.499,94

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